🎙️INTERVISTA | Il presidente Giulini con “La Nuova Sardegna”

Ultimissime - 13/08/2025

Il presidente del Cagliari Calcio Tommaso Giulini ha rilasciato un’intervista a “La Nuova Sardegna” in edicola mercoledì 13 agosto. Di seguito un estratto delle sue parole.

«Nella nostra testa c’è ben chiara l’idea di spingere con decisione sul percorso identitario intrapreso tempo fa», esordisce Giulini che traccia le linee guida della nuova fase attraversata dal Club. Dal mercato alla filosofia di lavoro e che sta dietro le scelte fatte per la nuova stagione, il futuro in termini di sostenibilità e identità ad ampio spettro.

LA SCELTA PISACANE
«Coraggiosa, forse, ma soprattutto lungimirante. Di certo non azzardata. In tanti non si sono accorti che Fabio Pisacane ha fatto una gavetta importante nel nostro settore giovanile, svolgendo un percorso specifico su tutte le categorie. L’abbiamo mandato in giro a studiare le società europee di primo livello, ma ha anche assaggiato la prima squadra collaborando con Liverani, poi nel Settore Giovanile ha lavorato con i tecnici focalizzandosi sulla fase difensiva e poi benissimo con la Primavera, salvandola tre anni fa e portandola alla conquista della Coppa Italia oltre che due volte a un passo dai playoff. Insomma, ha alle spalle tre anni di gavetta e crescita significativa. Ci sono tre ragioni che mi hanno convinto: la prima è che è un allenatore molto preparato che si è costruito intorno uno staff di livello. Come uomo riteniamo che incarni tutti i valori giusti per poter rappresentare il Cagliari. Infine, cosa non secondaria, è super motivato. Vi assicuro che non è né facile né scontato trovare uno così. Le motivazioni sono tutto, se hai anche tutte le altre doti di cui sopra. Aggiungo che Fabio ha fatto esperienza al Cagliari lavorando con tante persone e ha lasciato ottime sensazioni a tutti. Questa mia scelta è stata condivisa e spinta da tutta la Società. È questa la cosa che mi ha fatto più piacere».

TUTTI INSIEME
«Questo è un progetto a lungo termine. Ci sarà bisogno davvero di tutti, soprattutto nel primo periodo. Dovremo essere compatti come società, come squadra e come piazza, con i nostri tifosi. Questa deve essere “l’esplosione” del percorso identitario ripreso nel 2022 dopo la retrocessione e coltivato nel tempo. Dobbiamo crescere in maniera sana e sostenibile. Non è un discorso fatto di parole vuote: nella rosa di quest’anno ci sono quattro ragazzi sardi come Deiola, Ciocci, Idrissi e Pintus: profili diversi ma tutti cresciuti in casa, che rappresentano pienamente il nostro credo e un esempio importante del lavoro che vogliamo fare anno dopo anno. In Primavera abbiamo ragazzi sardi e non sardi, ma che crescono con noi e puntano alla serie A con un mister che li conosce».

CAGLIARI PIAZZA APPETIBILE
«In Serie A servono investimenti ma l’arrivo o la conferma di certi giocatori conferma la grande credibilità di cui Pisacane gode anche all’esterno. Penso a Yerry Mina che ha richieste continue ma vuole rimanere qui, Mazzitelli ed Esposito hanno combattuto con agenti e Società pur di venire, significa che stiamo diventando un Club che ha appeal. Per una questione di sostenibilità lavoriamo con prestiti e diritti di riscatto, ma lo facciamo anche perché ci piace avere i giocatori un anno in casa, conoscerli e conoscerne i valori, capire come si inseriscono nel nostro contesto. Con Caprile, Adopo e Piccoli abbiamo avuto questa fortuna, ma non sempre è possibile, vedi la trattativa Esposito dove ci abbiamo provato ma abbiamo dovuto cambiare strategia per l’inserimento del Parma. Piccoli? Parliamo di un attaccante forte, può essere il futuro del calcio italiano e sono convinto che un altro anno con noi possa farlo consacrare. Detto ciò, abbiamo fatto uno sforzo importante per riscattarlo e tenerlo con noi. Il mercato è sempre imprevedibile, se dovesse arrivare una proposta adeguata al valore del calciatore, e se lui dovesse essere dell’idea di intraprendere un’altra sfida – cosa che non è accaduta fino ad oggi -, la prenderemo in considerazione. Ma questa è un’opzione che riguarda tutte le squadre della serie A, a partire dalle più blasonate».

TRA PASSATO E PRESENTE
«Il nostro nuovo direttore Guido Angelozzi sta facendo un grande lavoro. Se l’avessi avuto con me dieci anni fa avrei fatto molto meglio. Le critiche nei miei confronti? Non ci sono mai critiche ingiuste. A volte mi da ancora un po’ fastidio è vedere che permane un po’ di diffidenza nei miei confronti. Ci può stare, in fondo non abito a Cagliari e questo può incidere, ma credo di avere dimostrato quanto tenga a questo Club e cerchi di lavorare con serietà per il suo bene. Negli anni ho capito che dovevo cercare sempre di più di affidarmi a professioni sti di alto livello che mi sostenessero. Penso a persone come l’avvocato Antonio Romei, al vicepresidente Fedele Usai, allo stesso Angelozzi. Forse nei primissimi anni ero troppo solo nel percorso decisionale e le critiche che mi hanno portato a creare una prima linea più forte per affrontare la serie A».

IL NUOVO STADIO
«Siamo soddisfatti del lavoro fatto nell’ultimo anno con la Regione e col Comune, credo che tutte le parti vogliano fortemente il nuovo stadio. Abbiamo deciso metterci in stand-by per un paio di mesi in attesa di capire se il governo possa davvero mettere a disposizioni i fondi per gli Europei 2032, dato che da Roma chiedono uno stadio da 30 mila posti per essere una delle città candidate, mentre noi pensiamo che per Cagliari una capienza di 25 mila sia perfetta. Se a ottobre non ci saranno certezze proseguiremo nel nostro percorso secondo le nostre linee guida. In serie A le società di proprietà di dirigenti italiani sono rimaste in poche. Fare il presidente è un mestiere sempre più rischioso, ci sono tanti interessi da tutte le parti e molti imprenditori italiani preferiscono investire su altro. Vent’anni fa c’era di sicuro una passione molto più forte da parte del mondo dell’imprenditoria. Noi stiamo costruendo un futuro brillante per il Cagliari ma è chiaro che prima o poi un passaggio di mano avverrà. A oggi è più facile che possa avvenire con un fondo straniero piuttosto che italiano. Ma il giorno in cui dovessi uscire di scena, mi accerterei di lasciare il Club in buone mani».

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