Il Cagliari Calcio è l’orgoglio di tutta una regione, una delle squadre più amate in Italia. Lo scudetto del 1970 ne ha rappresentato l’apice, ma le vicende rossoblù sono da leggere come il romanzo di una vita.
Il bene e il male, la gioia e il dolore: esaltanti vittorie, gol indimenticabili, ma anche amare sconfitte e cadute rovinose, dalle quali però il Cagliari ha sempre saputo risollevarsi.
Storie di amore e di orgoglio, di fatica e di sacrificio. L’epopea rossoblù attende il prossimo capitolo.
Il calcio in Italia nasce ufficialmente nel 1893, conla fondazione del Genoa Cricket and Athletic Club. Trent’anni prima gli inglesi avevano codificato le regole del nuovo sport che stanno esportando in tutto il mondo, concrescente successo.
La prima vera partita riportata dalle cronache si disputa domenica 27 aprile 1902, tra due gruppi di studenti cagliaritani in Piazza d’Armi.
La nostra storia comincia ufficialmente il 30 maggio 1920. Nella sala del cinema Eden, sotto i portici di via Roma, ha luogo la prima riunione di un gruppo di appassionati per la costituzione del Cagliari Football Club. Il primo presidente è il professor Gaetano Fichera, chirurgo avviato ad una carriera di fama internazionale
La prima partita è datata 8 settembre 1920 e si gioca allo “Stallaggio Meloni”. Avversaria è la Torres, squadra sulla carta più forte ed esperta. I giocatori del Cagliari indossano camicie bianche. Il Cagliari rovescia il pronostico imponendosi 5-2: vero trascinatore è Alberto “Cocchino” Figari con una tripletta
Il neonato sodalizio partecipa quindi al Torneo Sardegna. Le avversarie sono la Torres di Sassari, l’Ilva Maddalena e un’altra compagine del capoluogo, l’Eleonora d’Arborea. Allenatore-giocatore è Giorgio Mereu, di professione avvocato, che di lì a poco assumerà anche il ruolo di Presidente. Nel 1922 farà costruire una tribuna allo Stallaggio Meloni, necessaria ad accogliere un pubblico sempre più numeroso e partecipe. Nel 1926, viene inaugurata una nuova divisa: quella rossa e blu. Il Cagliari, che nel frattempo si è trasferito nel nuovo campo di via Pola, arriva alle finali, dove si classifica all’ultimo posto con 3 punti. L’anno successivo, i rossoblù sono quinti assoluti. Una notevole escalation.
La crescita della squadra è graduale ma inarrestabile. Dopo il 5° posto del 1930, il Presidente Comi si permette una campagna acquisti in grande stile.
A dirigere questo squadrone, il grande Egri Erbstein. I rossoblù dominano il campionato: arriva la promozione in Serie B. Crisi economica, addii, esoneri e retrocessioni portano nel tempo ad una ormai necessaria rifondazione, in campo e fuori. Il Cagliari Football Club si scioglie: nasce l’Unione Sportiva Cagliari.
Prende le redini della Società il rappresentante Mario Banditelli, che innanzitutto si preoccupa di pagare i debiti d’affitto del campo di via Pola. Con la guida dell’ex centrocampista Roberto Orani, il Cagliari torna in serie C.
L’arrivo della guerra sospende i campionati nazionali, rimane la Prima Divisione Regionale, campionato rilevante non tanto sotto il profilo tecnico, quanto su quello sociale: il calcio porta un breve sorriso in mezzo all’orrore del conflitto.
Il Cagliari viene ricostruito dal nulla, grazie all’opera infaticabile del Presidente Eugenio Camboni e del tesoriere Renzo Carro. Tra le tante difficoltà, una bomba alleata crea una voragine nel campo di via Pola. I giocatori si rimboccano le maniche e piano piano rimettono a posto il terreno di gioco. Si mettono in luce, in quel primo dopoguerra, gli elementi del vivaio: Gorini, Grandesso, Farris e Ragazzo.
Incombe lo spettro del fallimento: salva la società Domenico Loi, che porta nuova linfa ed entusiasmo. Arriva un 6° posto deludente rispetto ai programmi di partenza, ma è comunque incoraggiante per il futuro, in chiusura di un decennio difficilissimo e drammatico.
Gli anni ’50 si aprono all’insegna della magnificenza per il sodalizio rossoblù. Il Presidente Domenico Loi ha competenza e risorse economiche per assicurarsi il meglio che offre il mercato.
In panchina Federico Allasio, Cenzo Soro come direttore tecnico, la coppia da 47 gol Bercarich-Gennari: il Cagliari, con 5 vittorie e un pareggio alle finali, approda in Serie B. Il 1952 è l’anno di uno storico trasloco: il Cagliari gioca all’Amsicora, abbandonando il tanto amato terreno di via Pola, ormai inadeguato.
IL 1953-54 passa alla storia come l’anno del grande rimpianto. Il Cagliari allenato da Cenzo Soro gioca a Roma lo spareggio per la promozione in Serie A contro la Pro Patria. Va male: 2-0 per i bustocchi inaugura una tradizione negativa negli spareggi. È una brutta botta per l’ambiente. Vengono lanciati in seguito giovani promettenti come Mario Tiddia e Tonino Congiu, il primo indiscusso della maglia numero 11, prima dell’arrivo di un altro giocatore.
Il quarto posto del 1959 è illusorio. L’anno dopo il Cagliari imbrocca una stagione sfortunata, e si classifica all’ultimo posto. È retrocessione dopo nove anni. Il Presidente Meloni lascia la barca che sta affondando, in tutti i sensi. Una nuova terribile crisi finanziaria avvicina nuovamente l’ombra del fallimento.
Dopo la rovinosa caduta in Serie C, si impone una rivoluzione, tecnica e societaria. Enrico Rocca, presidente, e Andrea Arrica, manager, segnano un cambio di rotta: la squadra viene ritoccata con inneschi che verranno ricordati negli anni a venire. In panchina Arturo Silvestri, detto “Sandokan”, in difesa Vescovi e Torriglia. Un anno trionfale che segna il ritorno in Serie B. Arriva Ricciotti Greatti, c’è già Mario Martiradonna. In avanti un giovane alto e magro, di cui si dicono mirabilie: Luigi Riva.
L’ultima giornata in campionato si gioca il 21 giugno 1964: guarda caso, proprio contro quella Pro Patria che aveva negato ai rossoblù la promozione. Il 3-1 chiude i conti. La città si veste a festa. Dopo 44 anni di storia, i rossoblù salgono in Serie A.
L’impatto con la massima serie è scioccante. Nonostante il contributo di nuovi elementi che scriveranno pagine di storia, come il brasiliano Nenè e Pierluigi Cera, il Cagliari è ultimo alla fine del girone d’andata. I rossoblù si riprendono e concludono al 6° posto grazie ai 9 gol di Riva, che l’anno dopo debutta addirittura in Nazionale, e ai 10 gol di Rizzo, pure lui azzurro. Silvestri, alla fine di un ciclo, lascia in favore di Manlio Scopigno, detto “il Filosofo”, che conclude un campionato esaltante nel 1966/67. L’ascesa del Cagliari è frenata dal terribile infortunio di Riva in Nazionale. Senza Gigi, nelle ultime nove partite il Cagliari vince solo due volte. Il 6° posto conclusivo è ingeneroso.
Il Cagliari nella tournee americana chiude il girone al 3° posto e Manlio Scopigno viene esonerato. Subentra Ettore Puricelli, che non lega con buona parte della squadra. Arriva un 7° posto deludente, considerando l’attacco formato da Riva e Boninsegna. Gigi è l’uomo nuovo del calcio italiano: lo vogliono tutte le grandi, ma grazie alla Saras di Moratti e la Sir di Rovelli e, soprattutto, al suo amore per la terra e la gente sarda, si riesce a trattenerlo.
Intorno a lui, viene costruita una squadra ancora più forte. Arrica si assicura Ricky Albertosi e Mario Brugnera. Adesso il Cagliari è competitivo per lottare con le grandi. Manca l’ultimo tassello: il ritorno in panchina di Scopigno. Nella stagione 1968/69 la squadra finisce seconda in campionato dietro la Fiorentina, e seconda nel girone finale della Coppa Italia dietro alla Roma. L’appuntamento col tricolore è solo rinviato di un anno.
Storico, magico, epico, indimenticabile. La conquista dello scudetto 1970 fu un’impresa memorabile, rimasta ancora oggi nell’immaginario collettivo degli appassionati di calcio italiani, non solo dei tifosi del Cagliari. Un risultato storico, il primo titolo di una squadra del Sud, che superò gli aspetti puramente sportivi per assumere anche una valenza di riscatto sociale per tutti i Sardi.
Una vittoria arrivata non per caso, ma al culmine di una programmazione saggia ed avveduta ad opera di Andrea Arrica. Boninsegna all’Inter in cambio di Bobo Gori e Angelo Domenghini: si forma una squadra pronta a stupire l’Italia intera.
Il Cagliari parte molto bene: un pareggio in casa della Sampdoria e quattro vittorie consecutive, tra cui quella sul campo della Fiorentina campione d’Italia.
Il 14 dicembre 1969, a Palermo, prima sconfitta della stagione. Scopigno subisce una squalifica record dopo aver insultato il guardalinee: cinque mesi. Poi arrivano cinque vittorie consecutive, con Riva scatenato, e la concorrenza rimane indietro: +4 sulla Juventus e +5 sulla Fiorentina. Ma i rossoblù si rilassano: pareggio in casa con la Fiorentina, sconfitta di misura a Milano firmata dall’ex Boninsegna, in attesa degli ultimi scontri del campionato.
Cagliari-Bari finisce 2-0 ed è, finalmente, certezza del tricolore. I rossoblù sono campioni d’Italia, e il risultato fa felici tutti o quasi i tifosi d’Italia, che hanno eletto il Cagliari a squadra-simpatia, e conquistati dalle prodezze, anche in maglia azzurra, di un atleta forte e leale come Riva.
All’allenatore Scopigno, il merito d’aver amalgamato i 16 uomini a disposizione creando nello spogliatoio un’atmosfera difficilmente ripetibile; al general manager Andrea Arrica il merito d’aver intuito su ciascuno dei componenti della rosa l’adattabilità al modello Cagliari.
Lo scudetto chiude idealmente un ciclo, ma quel Cagliari poteva ancora dare tanto. A fermarlo, il secondo gravissimo infortunio di Gigi Riva, nuovamente in Nazionale. Il Cagliari, primo in classifica, perde terreno ed esce dalla Coppa dei Campioni contro l’Atletico Madrid.
Alcuni alfieri dell’epopea rossoblù lasciano la scena: partono Greatti, Martiradonna, Domenghini e Cera. Ancora qualche ultimo squillo, come il 4° posto del 1972, ma l’epoca d’oro è ormai alle spalle.
Si susseguono alcuni allenatori: Gigi Radice, Luis Suarez, Mario Tiddia, ma la retrocessione è solo rimandata. Il nuovo serio infortunio di Riva è un colpo di grazia alla sua carriera.
Nella stagione 1975/76, il Cagliari retrocede in Serie B dopo 12 anni memorabili. La ricostruzione è difficoltosa, si parte dalle fondamenta. Nel mentre, sono nati due cannonieri sardi: Gigi Piras e Pietro Paolo Virdis. L’immediato ritorno in A, con allenatore il Sergente di Ferro Toneatto, fallisce per colpa di un’arancia scagliata da un tifoso che prende in pieno viso il giocatore leccese Cannito. 0-2 a tavolino, e promozione persa agli spareggi con Atalanta e Pescara.
D’urgenza, Riva passa dal campo alla stanza dei bottoni. Insieme al Presidente Mariano Delogu, e Mario Tiddia in panchina si prendono cura di una Società che ha visto tempi migliori. Si forma una squadra giovane e sbarazzina, legata dall’ormai bandiera Mario Brugnera, eletto miglior giocatore della serie B: è di nuovo risalita in A.
La squadra si dimostra pienamente all’altezza pure nella massima categoria. Esplode il bomber Selvaggi, altro giocatore talentuoso scoperto in Serie B e trascurato dal calcio che conta. Il Cagliari di Tiddia rimane nell’immaginario dei tifosi come una delle più belle e piacevoli formazioni rossoblù della storia.
Gli anni 80 vedono la crisi nera della Società rossoblù, un fallimento scampato. Primi anni che dettano i migliori auspici con il tridente Selvaggi-Piras-Virdis: un 6° posto e consensi per la bellezza del gioco espresso dalla squadra.
Si prepara però un ribaltone in società. Il Cagliari è rilevato da Alvaro Amarugi: idee e fantasia si scontrano con le risorse finanziarie limitate e il carattere focoso dell’imprenditore.
Prima una salvezza da brividi, poi una retrocessione. Una stagione difficile, con il fallimento degli stranieri Uribe e Victorino., i contrasti tra Riva e Giagnoni da un lato e il presidente Amarugi dall’altro. La situazione economica è precaria, la vita in B difficilissima: arriva la retrocessione in C.
Riva lotta disperatamente contro il tempo per evitare il fallimento. Una cordata di imprenditori cagliaritani si impegna a ripianare i debiti. Il nuovo Presidente Tonino Orrù è una garanzia. Dopo una nuova stagione da incubo, e lo spettro della C2, si industria per riportare il Cagliari in alto. Assume un direttore sportivo scaltro come Carmine Longo, e un allenatore giovane e ambizioso: Claudio Ranieri.
Il trio Orrù-Longo-Ranieri fa miracoli. Dalla C alla A in due anni: viene ripetuto il cammino esaltante del Cagliari di Silvestri. Porta fortuna il vecchio Amsicora, dove i rossoblù sono costretti a giocare per i lavori di ristrutturazione del Sant’Elia in vista dei Mondiali del ’90. Ancora una volta, è Serie A, dopo otto anni di sofferenze.
La Serie A diventa il campionato più bello e competitivo al mondo, c’è bisogno di rinforzi. Gianfranco Matteoli, uno dei sardi più forti di sempre, corona il sogno di diventare rossoblù. Poi, l’arrivo del trio uruguayano: Enzo Francescoli, José “Pepe” Herrera e Daniel Fonseca. Rispettivamente talento innato, duttilità tattica e spunto da vero attaccante.
Manca soprattutto una prima punta, che non arriva nemmeno al mercato di riparazione. I tifosi, scontenti, contestano la Società. Il Cagliari è desolatamente ultimo alla 12° giornata con 5 punti, e con poche speranze di risalire. Ranieri fa quadrato, non smette di crederci. La svolta a Torino contro la Juventus di Baggio e Schillaci. Sotto 2-0 dopo 20 minuti, i rossoblù si riorganizzano e acciuffano sul pari la Vecchia Signora. Con il ritorno alla massima condizione di Francescoli, e l’esplosione di Fonseca, il Cagliari centra una salvezza miracolosa. Ranieri si congeda da vittorioso.
Una breve parentesi del mister Giacomini, esonerato dopo 6 giornate. Sotto consiglio di Ranieri, arriva Carlo Mazzone, vecchia volpe specialista nel condurre in porto le pericolanti. I tempi sono maturi per un cambio di proprietà. La famiglia Orrù cede ad un giovane imprenditore di Sanluri, Massimo Cellino. Nessuno può prevederlo, ma diventerà il Presidente con più lunga militanza nella storia rossoblù. La squadra è pronta per un salto di qualità. Via Fonseca al Napoli, arriva uno sconosciuto brasiliano naturalizzato belga: Luis Oliveira. Quando trova la sua dimensione, diventa devastante. Francescoli sempre più decisivo, Matteoli immenso in cabina di regia, i contributi di Pusceddu, Herrera, Festa, Ielpo, Bisoli e Moriero: nella stagione 1993/94, il Cagliari si piazza al 6° posto e ottiene la qualificazione alla Coppa UEFA dopo più di vent’anni.
Francescoli al Torino, Mazzone alla sua amata Roma. In panchina prima Gigi Radice (licenziato ancor prima di iniziare), poi Bruno Giorgi, capace di trovare gli equilibri con i nuovi innesti Allegri e Dely Alves. In campionato va a corrente alternata. In compenso fa furore in Coppa Uefa, liquidando Dinamo Bucarest, Trabzonspor, Malines e Juventus, fermata in semifinale dall’Inter: tutt’oggi, il punto più alto raggiunto dalla squadra rossoblù a livello internazionale.
Il 1994 è l’anno dell’uruguayano Oscar Washington Tabarez in panchina. La partenza di Matteoli apre all’arrivo del giovane bomber Muzzi: la qualificazione in Europa sfugge all’ultimo. Peggio le cose andranno l’anno successivo, malgrado l’ingaggio dell’allenatore italiano più titolato: Giovanni Trapattoni. I risultati sono altalenanti, e a metà stagione, il Trap è costretto a fare le valigie per fare posto al cavallo di ritorno Giorgi. Sono arrivati gli uruguayani Fabian O’Neill e Dario Silva: diventeranno degli idoli.
1996 è l’anno post-sentenza Bosman: le squadre italiane si accaparrano a basso prezzo giocatori stranieri a costo zero, ma i vari Tinkler, Lonstrup e Vega non sono all’altezza. Il ritorno di Mazzone non basta per evitare la retrocessione in serie B dopo 6 anni. Giampiero Ventura, con una squadra rivoluzionata, riporta subito il Cagliari nella massima serie, concludendo un buon campionato da matricola. L’anno successivo è da dimenticare: prima Tabarez, poi Ulivieri (suo successore) deludono. All’alba del nuovo millennio il Cagliari scende nuovamente in Serie B.
La Serie B è il solito labirinto indecifrabile, i primi anni non sono semplici. Il 1999 arriva un giovane ventenne con un grande cognome sulle spalle: Daniele Conti, secondogenito del campione del mondo ’82 Bruno. Roma la sua terra di nascita, ma anche la squadra in cui non trova spazio per giocare. Da lì, l’approdo in Sardegna in giovane età. Quella del Cagliari sarà la seconda e ultima maglia in tutta la sua carriera: negli anni a venire, diventerà la sua seconda pelle.
L’anno 2001 è quello dell’arrivo di Mauro Esposito, sta sbocciando il giovane e velocissimo attaccante honduregno David Suazo. Il ritorno di Giampiero Ventura serve solo ad avvicinarsi alla promozione in A.
Nella stagione 2003/04, la società decide di rifare il manto erboso del Sant’Elia, costringendo la squadra all’esordio allo stadio Manconi di Tempio. Il vero colpo della stagione è Gianfranco Zola, rientrato in Sardegna dopo 7 anni al Chelsea, con la voglia di compiere la grande impresa: con le sue magie, diventerà il giocatore sardo più forte di sempre. In panchina Edoardo (detto Edy) Reja. In campo Gianluca Festa, vecchio cuore rossoblù, dalla Torres arriva Antonio Langella, ala potente dal carattere sanguigno. Trascinato dai gol dei suoi attaccanti, il Cagliari torna finalmente in Serie A.
La stagione seguente, i rossoblù raggiungono la semifinale di Coppa Italia, persa contro l’Inter. Si susseguono diversi allenatori negli anni a venire. Nella stagione 2005/06, Conti prende quella che diventerà la sua maglia definitiva: la numero 5. Nello stesso anno, sulla panchina arriva un giovane Marco Giampaolo, prima esonerato e poi richiamato per salvare la squadra a fine stagione. Nella stagione 2007/08, dopo una salvezza col fiatone l’anno prima, Giampaolo ha carta bianca e col suo 4-4-2 inserisce nuovi giovani interessanti: Alessandro Matri, Robert Acquafresca, Joaquin Larrivey. I risultati però non sono all’altezza. Il ritorno di Sonetti non riesce a dare la giusta vivacità. In panchina arriva Ballardini, che irrobustisce l’organico con gli arrivi di Marco Storari, l’attaccante brasiliano Jeda, e il ritorno in patria del trequartista Andrea Cossu, cagliaritano purosangue: sceglierà la maglia numero 7, che diventerà per lui come seconda pelle. La rocambolesca vittoria sul Napoli è il segnale della riscossa. Esplode Acquafresca: 11 i suoi gol a fine torneo. Il Cagliari, che a dicembre sembrava condannato, ottiene la salvezza con una giornata d’anticipo, iscrivendosi di diritto tra le imprese più grosse della storia cagliaritana: acclamata dalla folla, la squadra compie il giro cittadino a bordo di un autobus scoperto.
Da Ballardini al giovane Massimiliano Allegri, ex centrocampista rossoblù degli anni ‘90 ormai proiettato alla carriera da allenatore nel 2008. L’inizio è dei peggiori: 5 sconfitte su 5, e tutti i presupposti per l’esonero. Invero, Cellino conferma la fiducia: la squadra si riprende arrivando addirittura a ridosso della zona UEFA. Vittorie importanti sui campi di Juventus, Lazio e Inter campione d’Italia. Il nono posto conclusivo merita solo applausi.
L’arrivo dell’attaccante Nené porta nuova linfa. A metà stagione un crollo verticale: ad Allegri subentra il tecnico della Primavera Melis coadiuvato da Gianluca Festa. Consolazione le convocazioni in azzurro di Biondini, Cossu e Marchetti. Prima Bisoli, poi Roberto Donadoni. Nonostante la cessione di Matri, il mister riporta ordine e gioco raggiungendo una tranquilla salvezza. A febbraio 2010, Cossu diventa il primo cagliaritano a indossare la maglia azzurra.
Nel 2011 arrivano tanti volti nuovi: Avramov, Ekdal, El Kabir, Eriksson, Ibarbo, Larrivey (un déjà-vu), e Thiago Ribeiro. In panca prima Ficcadenti e poi il ritorno di Ballardini, e di nuovo Ficcadenti con una salvezza sofferta. Nota poco lieta della stagione l’immagine di un Sant’Elia desertico e la forzata emigrazione verso il Nereo Rocco di Trieste per le ultime quattro gare interne.
La stagione 2012/13 vede il gran ritorno in Sardegna del bomber di Tonara Marco Sau, dopo una crescita in giro per l’Italia. A Ficcadenti subentra Ivo Pulga in collaborazione con Diego Lopez. Un inizio sfavorevole, poi un girone di ritorno strepitoso: 31 punti e una salvezza tranquilla. I problemi si limitano al campo di gioco: si rende fruibile lo stadio Is Arenas di Quartu, ma ostacoli burocratici spingono il Club ad emigrare ancora una volta a Trieste. Nonostante tale situazione societaria, una salvezza tranquilla che assume tutt’altro sapore.
Il problema stadio non si ferma con la nuova stagione: nel 2013-14 si torna al Sant’Elia con una capienza ridotta di 5.000 posti. Una stagione regolare ed una salvezza con tre giornate d’anticipo. A metà stagione Ivo Pulga subentra a Diego Lopez.
Nell’estate 2014 finisce l’era di Massimo Cellino. La Società viene rilevata da Tommaso Giulini, giovane imprenditore presidente della Fluorsid Group, realtà leader a livello internazionale nel settore dell’estrazione, trasformazione e commercializzazione di derivati del fluoro e di altri minerali, metalli e prodotti chimici.
Per il Cagliari si apre un nuovo capitolo di storia. Nel 2015-16 i rossoblù, affidati all’allenatore di Torre del Greco Massimo Rastelli, spadroneggiano nel campionato di Serie B, arrivando primi: il Cagliari non aveva mai vinto il torneo cadetto. Protagonisti i brasiliani Joao Pedro e Farias, autori di 27 gol in due. Il Cagliari vince 25 partite su 42 e segna 78 gol, miglior attacco del campionato. Indimenticabili le vittorie di Pescara e di Bari, che sancisce la promozione matematica, ma anche di Vercelli, all’ultima giornata, propiziata da uno spettacolare gol in rovesciata di Marco Sau.
Rientrato trionfalmente nella massima serie, la squadra raggiunge un lusinghiero 11° posto in classifica, nonostante una serie di infortuni che privano a turno l’allenatore Rastelli di giocatori cardine come Daniele Dessena, Diego Farias, Artur lonita, Joao Pedro e Federico Melchiorri.
Non mancano le battute d’arresto, frutto anche dell’inesperienza. La squadra però ha grande carattere e reagisce prontamente. Il timbro sull’ottima annata rossoblù lo mette il bomber Marco Borriello: 16 gol. La rivelazione dell’anno è il giovanissimo centrocampista Nicolò Barella, prodotto del vivaio, grande personalità e doti tecniche da predestinato. La storia piu bella è quella di Fabio Pisacane, debuttante in Serie A a 30 anni, dopo aver vinto una brutta malattia: è sua la rete del 2-1 vincente sul Milan, l’ultima segnata allo stadio Sant’Elia.
Nella stagione 2017-18 con Diego Lopez in panchina che sostituisce Rastelli. È l’anno del secondo e ultimo ritorno rossoblù di Andrea Cossu, I rossoblù acquisiscono la salvezza nelle ultime due giornate. È un’annata storica perché il Cagliari inaugura un nuovo campo di gioco: la Sardegna Arena, un impianto costruito in 127 giorni: la nuova casa dei rossoblù sino all’edificazione dello stadio definitivo nello spazio del Sant’Elia. Proprio grazie ad un suo assist da calcio d’angolo, a Udine, scaturisce il 2-1 di Ceppitelli: numeri alla mano, si rivelerà decisivo per la salvezza dei rossoblù.
La stagione 2019-20 è la stagione del Centenario. Gli avvenimenti storici non aiutano la società: si rivela un campionato anomalo, sospeso per più di tre mesi causa l’esplosione della pandemia di Covid 19, e concluso nel mezzo del periodo estivo.
Dopo un anno di Serie B, nella stagione 2022-23 i rossoblù conquistano di nuovo la Serie A guidati nella seconda parte di stagione, 33 anni dopo l’ultima volta, da Claudio Ranieri. Nel cuore di ogni tifoso rimarrà la straordinaria cavalcata playoff, dai gol di Luvumbo e Lapadula fino all’apoteosi finale di Bari grazie alla rete realizzata al 90+4’ da Pavoletti.