Oggi è quel giorno in cui, una volta di più, ci fermiamo e guardiamo il cielo. Come per cercare un segno, per ritrovare quei rassicuranti cenni della mano e del capo che Gigi Riva ti rivolgeva quando lo incrociavi per le vie della nostra città. È il primo compleanno senza di lui, ma mai come in questo caso è lecito parlare di presenza totale. Nell’esempio, nei ricordi, nei numeri, nel vento che sferza le coste della sua amata terra d’adozione, nel rombo della passione rossoblù, nel mondo calcistico (e non solo) che lo ha sempre ammirato e celebrato.
Il 7 novembre 1944 una Lombardia grigia e ruvida sente i primi vagiti di Luigi, che 19 anni dopo in Sardegna troverà la sua vera casa, per sempre. Crudele il destino di quel ragazzo forgiato brutalmente dalla vita, che calciava forte, sì, ma che soprattutto calciava con l’anima. La gente dell’Isola lo sentì subito come uno di loro, ben prima che diventasse “Giggirrivva”. Gigi non era solo il talento, l’acrobazia, il gol spettacolare: era la lotta, la resistenza, il silenzio che precede l’urlo. Era l’eco di un tuono lontano che portava con sé il profumo del mare.
Gigi era la coerenza, forse il valore più alto tra i tanti che incarna. La capacità di dire no anche quando sembrerebbe impossibile, l’hombre vertical come soprannome più gradito, più azzeccato, tra i moltissimi a lui attribuiti. Lo Scudetto del 1970 come perla per gli almanacchi e spilla che permette oggi di parlare con ulteriore forza di ciò che è stato. Ma un trionfo calcistico è riduttivo per spiegare cosa ha rappresentato Gigi Riva, insieme ai suoi amici-compagni di squadra, per generazioni. Se oggi anche i più piccoli vedono Rombo di Tuono come un supereroe più che mai attuale, è perché il suo Mito resiste e rinverdisce quotidianamente, come faceva lui di fronte a ingiustizie, tormenti, tackle.
Ogni gol di Riva era un messaggio: a sé stesso, a chi gli voleva davvero bene, a chi vedeva la Sardegna nel modo sbagliato. Il miglior marcatore della Nazionale italiana con un record che appare indistruttibile per i campioni passati dopo di lui, guerriero dal cuore nobile, che lottava anche al costo di farsi male, e lui la gamba la sacrificò per due volte, sempre in azzurro.
“Qui c’è tutto quello di cui ho bisogno,” diceva della Sardegna, senza retorica o ruffianeria. Perché Gigi sapeva che l’amore vero non ha bisogno di riflettori, ma di radici. Oggi, da molti anni, per chi tifa Cagliari e non solo, è il “Natale rossoblù”. Il 22 gennaio 2024 la Sardegna si fermava per dirgli addio. Iniziava un corteo silenzioso e composto: uomini e donne, giovani e anziani, come in un pellegrinaggio, a rendere omaggio al campione che non aveva mai lasciato la sua Terra. Era come se ogni passo, ogni sguardo rivolto a Gigi fosse un modo per dirgli: “Grazie per averci scelto, grazie per non averci mai tradito”.
Oggi, nel giorno in cui avrebbe compiuto ottant’anni, celebriamo quell’uomo che ha fatto innamorare intere generazioni. Chiudendo gli occhi, sembra quasi di sentire ancora il boato di quel suo tiro in porta, come una promessa che non si spegne, come una leggenda che cresce e si rinnova.
Buon compleanno, Gigi. E grazie, in eterno.