
Nell’intervista realizzata per i canali ufficiali del Club, Juan Martín Rodríguez si racconta per la prima volta dal suo arrivo in Sardegna. I primi assaggi del calcio da bambino, l’essere uruguaiano e il legame tra il suo Paese e Cagliari che arriva dai primi anni Novanta. Le emozioni del recente debutto con due ottime prestazioni in pochi giorni al cospetto di Roma e Napoli.
LE ORIGINI E I PRIMI CALCI
“Sono sempre stato un bambino – e poi un ragazzo – appassionato di calcio. Passavo molto tempo giocando con gli amici del quartiere o con i componenti della mia famiglia. A scuola pensavo soprattutto all’intervallo, per poter giocare di nuovo. Avevo tre anni quando ho iniziato. Non riuscivo neppure a prendere il pallone, mi mettevo a giocare con la sabbia in mezzo al campo. Poi con gli anni ho cominciato a prenderci mano e a giocare per davvero”. Una figura fondamentale nella sua crescita è stata quella di suo nonno: “È stato come un secondo padre. A volte mia madre o mio padre non potevano portarmi agli allenamenti, lui – nonno Juan Carlos – invece era sempre disponibile”.
L’IDENTITÀ URUGUAIANA
“Quando esci dall’Uruguay la gente ti riconosce come uruguaiano e guarda a te come a uno che può emulare ciò che altri connazionali hanno fatto in Europa. Significa dimostrare quel modo di vivere il calcio che ci identifica. Mio padre è stato il mio primo allenatore. Poi Serafín García ha influito molto a livello formativo al Peñarol. Jadson Viera mi ha dato la possibilità di esordire in prima divisione al Boston River. E Diego Aguirre mi ha aiutato tantissimo quando sono rientrato al Peñarol: giocare in prima squadra non è lo stesso che farlo nelle giovanili”.
IDENTIKIT
“Sono un giocatore con molta dedizione, spirito di squadra, umile. Cerco di dare il massimo per il gruppo. Prima di tutto viene l’impegno: cerco di dare il massimo anche a livello tecnico, ovviamente. Modelli? Guardavo molto Godín, ora seguo Giménez, mi piace come marca e come va nel corpo a corpo. E poi Van Dijk, mi piace il suo senso del tempo”.
IL CALCIO ITALIANO
“È difficile adattarsi al calcio italiano: qui è molto veloce, si gioca molto con la palla tra i piedi, è tutto molto tecnico e tattico. In Uruguay il ritmo è diverso, hai più tempo per pensare”.
L’ACCOGLIENZA A CAGLIARI
“Fin dal primo giorno mi hanno fatto sentire a mio agio. La storia rossoblù è piena di grandi uruguaiani e tutti cercano di aiutarti perché tu possa dare quello che gli altri hanno garantito alla maglia rossoblù. Diego Lopez? Mi ha detto di stare tranquillo, di imparare e che quando sarebbe arrivato il mio momento avrei dovuto sfruttarlo al massimo”. Tra i connazionali ex Cagliari, un punto di riferimento è stato anche Nahitan Nández: “L’ho conosciuto in Nazionale. Mi ha dato il benvenuto e mi ha detto che Cagliari era una realtà molto bella dove giocare. Sapevo che a molti uruguaiani era servito venire qui. La mia famiglia e i miei amici erano felicissimi. Era il mio primo passo in Europa”.
LA CITTÀ, L’ESORDIO, I TIFOSI
“Cagliari è molto tranquilla. La gente quando ti vede ti saluta o ti fa i complimenti, e questo ti spinge a migliorare. Ho provato un orgoglio enorme nell’esordire in Coppa Italia prima e in Serie A poi. Sono anni che lavoro per arrivare a questi momenti. Senza la mia famiglia, i miei amici e mio nonno non avrei raggiunto nulla. Vedevo la tifoseria dalla panchina e mi veniva voglia di vivere da dentro la gara. Per fortuna si è realizzato e poi è arrivata anche una vittoria prestigiosa contro la Roma. Sono contento, stiamo facendo le cose bene. È difficile stare lontano dalla famiglia, ma cerco di fare il meglio perché siano orgogliosi di me. Ringrazio i tifosi per come mi hanno accolto dal primo giorno e per come ci sostengono ovunque. Per noi è molto importante avere il loro appoggio. Chiedo che continuino ad avere fiducia e a incitarci: noi cercheremo di difenderli in campo e di fare il meglio possibile perché alla fine siano tutti felici e orgogliosi”.
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