L’allenatore della Primavera rossoblù, Fabio Pisacane, che con la sua squadra ha conquistato la Coppa Italia Primavera grazie al successo di ieri in finale ai danni del Milan (3-0), ha parlato ai microfoni di “Il Cagliari in diretta”, la trasmissione in onda su Radiolina e Videolina.
UNA DEDICA SPECIALE
“L’emozione è forte, si fa fatica a descriverla. E per certi devo ancora metabolizzare tutto. La gente mi ringrazia, ma sono io che ringrazio Cagliari e la Sardegna per quello mi ha dato in questi anni. In parte la vittoria di ieri è un modo per restituire tutto questo affetto, mi riempie il cuore. Cosa ho pensato al fischio finale? A mio padre, alla famiglia, a tutte le persone che mi sono state sempre vicine, anche nei momenti più difficili. Sì, la dedica va alla mia famiglia, in particolare a mio figlio Andrea, che da quando sono alla guida della Primavera mi vede meno in casa, sono spesso al Centro sportivo. È cresciuto qui a Cagliari, c’era quando ho fatto il mio primo gol in Serie A. È il primo dei miei quattro figli ed è lui, in realtà, ad avermi messo più pressione di tutti. Sin da piccolo ha una passione per le coppe, dovevo vincerne una per lui”.
IL RUOLO DELL’ALLENATORE
“Sono arrivato qui dieci anni fa, ospite in questa Terra: sono un uomo di valori, il rispetto nei confronti di chi mi ha accolto nella sua casa per me è sempre stato fondamentale. Credo che sia anche questo che mi ha fatto guadagnare, a mia volta, il rispetto della gente, il loro affetto. E so anche che basterebbe poco per rovinare tutto. Sapevo che la mia carriera di calciatore non sarebbe durata a lungo, per cui mentalmente già mi preparavo a quel momento e quando ho deciso di smettere è stato più facile appendere le scarpette al chiodo e intraprendere subito la carriera da allenatore. Di mister Rastelli mi porto dietro il suo animo buono, anche nella gestione dei rapporti. Ho appreso da mister Di Francesco tante idee dal centrocampo in su, è quello che mi ha lasciato di più. Per quanto riguarda mister Ranieri, di lui mi porto dietro la sua leadership, il carisma, la signorilità. Saggezza, tecnica, tattica, i rapporti, la gestione. L’ho osservato tanto cercando di apprendere da lui quante più cose possibili. Ieri mi ha mandato un messaggio di congratulazioni, l’ho apprezzato molto, è una grande persona”.
IDENTITÀ E APPARTENENZA
“Non avevo mai giocato in un posto come questo, in un Club dove si sentisse così forte il senso di appartenenza, l’identità. La Sardegna accoglie e protegge chi arriva da fuori. Questo spirito l’ho visto dai ragazzi sardi in squadra che è come se coagulassero attorno a loro i compagni che arrivano anche dai posti più lontani – Zambia, Lettonia, Bulgaria – e dalla Penisola. Ad un certo punto, così, si diventa in un certo senso tutti Sardi. Questo è un aspetto che mi aveva subito colpito quando era arrivato da calciatore, continua ad impressionarmi ora che alleno la Primavera”.
IL CAPITANO VINCIGUERRA
“Questa Terra ti entra dentro. Un ragazzo come Vinciguerra è arrivato qui che era poco più di un bambino e si è legato a questa Isola. Quando si è così giovani le paure, i tormenti, sono tanti. Non sai sei un giorno diventerai un calciatore. E lui tutto questo lo ha affrontato addormendosi la sera con la maglia rossoblù addosso. Lui oggi è orgoglioso per aver restituito qualcosa a questi colori. È un calciatore che tutti gli allenatori vorrebbero. Non si risparmia mai, ieri si è messo a disposizione nonostante non fosse in perfette condizioni fisiche, abbiamo temuto in realtà di non poterlo avere per la Finale”.
LA SINERGIA CON LA PRIMA SQUADRA
“Siamo contentissimi della sinergia con la prima squadra. Siamo a stretto contatto con mister Nicola e il suo vice Barone, appena possono portano con loro dei nostri calciatori. C’è un’attenzione costante verso i ragazzi della Primavera. Al netto della Coppa, che resterà comunque qualcosa di storico, è evidente che il traguardo reale è portare quanti più giovani calciatori possibili a giocare dalla Primavera in prima squadra. Ci sono buone individualità, c’è una base morale altissima, spero che qualcuno – magari tra qualche anno – possa venire fuori”.
L’UMILTÀ DI UN CAMPIONE
“Ho grande stima nei confronti di Barella, abbiamo giocato insieme qui. È un grandissimo talento, ma allo stesso tempo è un ragazzo umilissimo, con una bella famiglia alle spalle. Non mi ha sorpreso vederlo lì a sostenerci e a stringere poi la mano ai ragazzi. La sua umiltà deve essere di esempio per tutti, è tra i valori in cui crediamo e che richiediamo. I ragazzi non devono abbattersi nelle difficoltà né esaltarsi troppo nelle gioie”.
UNA MENTALITÀ VINCENTE
“Abbiamo già iniziato a preparare la prossima partita, domenica al CRAI Sport Center giocheremo contro la Juventus. Dall’inizio della stagione abbiamo voluto inculcare nella squadra una mentalità vincente, il che non significa poi vincere sempre e a tutti i costi. La mentalità di cui parlo è avere umiltà, ambizione sacrificio, dedizione, è portare l’asticella sempre più in alto. Questa mentalità ci ha premiati. Già lo scorso anno avevamo raggiunto dei traguardi sportivi che, a inizio stagione, non si pensava di poter ottenere: siamo arrivati settimi, sfiorando i playoff, e quella posizione quest’anno ci ha dato un vantaggio in Coppa Italia. Ora testa alla prossima sfida: siamo in corsa per un altro obiettivo in campionato e mancano solo sei gare”.