Scuffet con “Il Corriere della Sera”

Prima Squadra - 16/10/2024

“Non bisogna mollare mai, non bisogna tirarsi indietro neanche un giorno, perché una parata, un allenamento, una partita possono cambiarti la carriera”: il portiere rossoblù Simone Scuffet ha parlato in esclusiva con “Il Corriere della Sera”, in edicola oggi. Questo un estratto delle sue parole:

UN PERCORSO DI CRESCITA
“Dentro di me c’è sempre stata voglia di lavorare per ottenere qualcosa in più e dimostrare che gli altri, come a Udine, si stavano sbagliando. Anche per questo ho fatto scelte particolari, che sono state considerate in modo negativo, come quella di ripartire da Cipro. Ma quell’esperienza mi ha dato tanto. Ho ricominciato un po’ da zero per ritrovare continuità e fiducia. Non tutti avrebbero fatto le scelte che ho fatto, sia quelle giuste che quelle sbagliate. Ma sono orgoglioso del percorso che mi ha portato qui e spero di migliorarlo ancora”.

LAVORO E COSTANZA
“Nella vita se uno fa le cose seriamente prima o poi arriva a raccogliere i risultati. Penso poi che ci sia sempre da migliorare. Quando analizzo le mie prestazioni o guardo altre partite, penso che quel che conta per un portiere sia concedere il meno possibile. Perché poi la grande parata arriva, ma può essere anche un caso. La costanza è una delle cose più importanti”.

LA SERIE A CON IL CAGLIARI
“L’esperienza ti aiuta a gestire le situazioni: se prendi ogni cosa nel modo giusto, la affronti molto meglio, fuori e dentro al campo. Sto vivendo il miglior momento della mia carriera? Sì, ma già in Romania mi sentivo molto bene. Tornare ad essere un portiere di serie A, non perché volessi tornare in Italia a tutti i costi ma per il livello del gioco, era quello che volevo. La Nazionale? Non ci penso, sono concentrato sul mio percorso al Cagliari. La speranza di tornare ci sarà sempre, ma bisogna essere realisti e sono stato fortunato ad andarci. E a capire quanto è bello”.

L’IMPORTANZA DEL GRUPPO
“Nella lotta salvezza il portiere pesa come il centravanti. Mi piacciono i portieri costanti, che riducono al massimo gli errori: ogni punto perso è pesante. Il ruolo sta cambiando tanto e bisogna essere bravi ad adattarsi. Non tutti hanno la voglia di immedesimarsi in un mondo a parte. Il mio allenatore Davide Nicola ad esempio ha grande curiosità, si avvicina per vederci lavorare in allenamento, fa domande al preparatore per capire meglio certi aspetti. E questo fa bene al nostro ruolo. La solitudine del portiere per molti aspetti esiste, ma dentro a un gruppo è bello sapere che puoi contare sugli altri. E che gli altri possono contare su di te”.

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