“Quando mi hanno prospettato l’idea di venire a giocare qui in Sardegna, ho subito chiesto di poter parlare con il Direttore sportivo, il Presidente, il Mister. Cagliari può rappresentare la svolta nella mia carriera: ho la possibilità di giocare con continuità, ho la sensazione che stiamo via via crescendo insieme”. Michel Ndary Adopo ha rilasciato un’esclusiva con il quotidiano “L’Unione Sarda”, in edicola oggi: il centrocampista classe 2000, arrivato in rossoblù la scorsa estate, si è raccontato tra aneddoti e curiosità, calcio e famiglia.
LE ORIGINI
“Mia madre, Anna, è nata in Senegal; mi padre, Choangai, in Costa d’Avorio. Si sono conosciuti e innamorati negli Stati Uniti, frequentavano la stessa Università. Insieme si sono trasferiti in Francia, a Villeneuve-Saint-Georges, vicino a Parigi, dove oggi lavorano come ingegneri informatici. Sono nato in Francia, ma sin da piccolo andavamo almeno un mese in vacanza in Senegal e in Costa d’Avorio. Ogni anno alternavamo. Quindi sono francese, ma mi sento anche un po’ ivoriano e senegalese. La Nazionale? È una bella lotta in famiglia: mia madre spinge per il Senegal, mio padre per la Costa d’Avorio. Per non fare torto a nessuno ho detto: “Accetto la prima che mi chiama”. Lascio così la scelta al destino”.
MAI MOLLARE
“Qualcosa che mi ha portato a crescere più in fretta? Avevo 13 anni quando mi sono rotto il crociato. Sono rimasto fermo un anno e mezzo e quando ho ripreso ad allenarmi non sapevo fare neppure un passaggio, uno stop. Credevo di dover smettere con il calcio, mio padre e mia madre mi hanno convinto a non mollare. E adesso sono qua, grazie a loro, sono qua”.
NEL POSTO E NEL MOMENTO GIUSTO
“Seguivo mister Nicola da quando allenava il Torino di cui facevo parte, però quell’anno ero in prestito alla Viterbese. Guardavo sempre le loro partite e mi piaceva l’identità che voleva dare, l’intensità il principio di avere sempre fame. Oggi mi sento nel posto giusto, nel momento giusto. Ho la fiducia del Mister e della Società, sono arrivato in un Club importante, che ha avuto giocatori importanti: non ho avuto la fortuna di vedere Gigi Riva, Barella sì. Già il giorno del mio arrivo, non mi aspettavo tutti quei tifosi all’aeroporto, ho subito percepito un’aria positiva”.
I COMPAGNI
“Viola, tra i compagni che non conoscevo, è stato quello che mi ha impressionato di più. Ricordo ancora il primo allenamento, osservo due-tre tocchi che dà alla palla e dico “ops, questo è forte davvero”. Ho legato tanto con Makoumbou: anche lui è francese, siamo sulla stessa linea, scherziamo tanto e cerchiamo sempre la positività. In campo lui sa che quando va, ci sono io che prendo il suo posto e gli copro le spalle”.
TUTTOCAMPISTA
“Il mio ruolo? Preferisco giocare mezzala quindi in un centrocampo a tre, però anche a due riusciamo a far girare bene la squadra. Dipende in ogni caso dal tipo di partita, da come la prepara il Mister. Oggi più che mai il centrocampista deve saper fare tutto, difendere e attaccare. Oggi devi saper fare anche assist e gol. Vorrei trovare la prima rete in A, ci sto lavorando. Se segno esulterò facendo un piccolo balletto. O magari lo festeggio alla Steph Curry, il mio giocatore preferito nell’NBA”.
ERRORI E CRESCITA
“L’espulsione Olimpico? Non sono stato abbastanza lucido, mi dispiace. In certe situazioni deve parlare solo il capitano, ma ero arrabbiato. Avevo dubbi sul rigore, non avevo capito neppure la doppia ammonizione per Yerry. Ho sbagliato e ho dovuto saltare la gara contro il Milan. Ma dalla Tribuna ho visto un grande Cagliari, che non ha avuto paura del nome dell’avversario e l’ha affrontato a viso aperto. Dobbiamo cercare di prendere più punti possibili da ogni partita, a partire dalla prossima contro il Genoa”.