Cagliari100, che compleanno!

Archivio News - 31/05/2000

Una giornata indimenticabile, scandita da celebrazioni, ricordi e incontri per festeggiare il primo secolo di vita del Cagliari Calcio. Accanto all’impagabile popolo di tifosi che in ogni angolo del mondo trepidano per i colori rossoblù, moltissimi protagonisti che hanno onorato la maglia del Cagliari. Il tutto impreziosito dagli omaggi delle più importanti istituzioni nazionali sportive. 

I primi minuti della giornata di ieri sono stati aperti dall’illustrazione che sui social ha fatto immediatamente battere il cuore: monumenti della storia del Club tutti insieme, il trofeo dello Scudetto al centro, un’istantanea di quel che il Cagliari è stato e sarà sempre.

POMERIGGIO DI FORTI EMOZIONI
Alle 15.30 spazio ai fan. In diretta Instagram, hanno potuto fare gli auguri al Cagliari, inviando e pubblicando inoltre i propri ricordi legati alla propria squadra del cuore con l’hashtag #Cagliari100. Un flusso interminabile reso ancor più magico dai video-messaggi dei protagonisti della storia rossoblù e di tantissimi amici del Cagliari. A fare gli onori di casa il Presidente Tommaso Giulini. Tra i messaggi di auguri quelli del Presidente del Coni, Giovanni Malagò; del Presidente della Figc, Gabriele Gravina. La fantastica carrellata si è conclusa con il video del più grande di tutti, il Presidente onorario Gigi Riva.  

“SHOW CENTENARIO”
Sui social una foto simbolo: “Una storia di capitani”. Riuniti tanti protagonisti di mille battaglie con la fascia al braccio. Orgoglio rossoblù. Alle 23 si sono accesi i riflettori sull’ideale viaggio lungo 100 anni. Sette coppie hanno permesso di toccare con mano alcune epoche-chiave della storia del Cagliari, grazie alla voce di chi le ha costruite con le proprie gesta. Chiacchierate tra ex compagni, aneddoti di campo e spogliatoio, un emozionante tuffo nel passato.

BEPPE TOMASINI E “RICKY” ALBERTOSI
Beppe Tomasini da Palazzolo ed Enrico “Ricky” Albertosi da Pontremoli, due totem della squadra campione d’Italia nel 1970. “Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, merito in primis di un gruppo granitico, fatto di uomini che erano grandi calciatori e grandi amici anche fuori dal campo”, ribadiscono in coro. Rombo di Tuono, Gigi Riva, a fare da filo rosso: “Mi infortunai seriamente al ginocchio e dovetti saltare la seconda parte della stagione”, racconta Tomasini. “Alla vigilia della decisiva gara di Torino contro la Juventus decisi di mandare un telegramma a Gigi chiedendogli di guidare la squadra alla vittoria anche per me. Mi sentii di farlo, lui un po’ si arrabbiò perché gli davo una grande responsabilità, ma sapevo che era perfettamente in grado di trascinarci”. “Quell’infortunio”, continua col senno di poi, “fu la mia fortuna, perché altrimenti avrei probabilmente disputato i Mondiali messicani e sarei stato ceduto. Va benissimo così, tanti di noi sono rimasti a vivere in Sardegna perché è il posto ideale dove vivere, per chi gioca a calcio e non solo”. Albertosi, uno dei migliori portieri della storia del calcio italiano, non ha dubbi: “Fu una grande avventura, dividevo la stanza con Gigi Riva, io mi addormentavo molto prima di lui che era un nottambulo. Il rapporto con i miei compagni era splendido, spesso in campo li strigliavo in malo modo per tenere alta la tensione, per sfogarmi, alla fine i risultati ci hanno dato ragione”.

GIGI PIRAS E PIETRO PAOLO VIRDIS
Due grandi cannonieri, amici, sardi, cresciuti a pane e gol fino ai massimi livelli. Gigi Piras ha ereditato al meglio il ruolo del Mito: “Non era facile, ho avuto la fortuna di allenarmi al suo fianco, di poter ammirare il suo sinistro pazzesco alla fine di ogni seduta. E poi di averci a che fare quando è diventato dirigente. Per noi che venivamo dopo quel fantastico squadrone non era semplice, ma fu un onore e una motivazione enorme. Fui in qualche modo adottato da quei campioni, quasi tutti rimasero per parecchi anni dopo il trionfo del ’70”. Virdis ha spiccato il volo in rossoblù: “Avevamo una gran bella squadra, nel ’77 feci di tutto per provare a non lasciare il Cagliari, anche quando ho indossato altre maglie in Italia e in Europa l’ho fatto con il rossoblù e la mia terra nel cuore”. Affermarsi in un contesto non certo fulgido, come quello sardo di quegli anni, non fu semplice: “Avevamo grande voglia di arrivare”, spiega Piras, “io e Pietro venivamo da famiglie numerose, contesti simili, ci trovammo a meraviglia a livello umano e tecnico”. Il parere divertito di Virdis: “Ci completavamo, io più tecnico e abile di testa, lui un animale d’area di rigore. E poi parlavamo in sardo, lui cagliaritano e io nuorese, una bella arma contro i marcatori che ci capivano poco”.

CLAUDIO RANIERI ED ENZO FRANCESCOLI
Tre stagioni a testa, una insieme e indimenticabile. Claudio Ranieri arriva a 37 anni, nel 1988, per iniziare una carriera da top club internazionali. Enzo Francescoli sbarca in Sardegna nel 1990, dopo i Mondiali italiani, e regala le perle tipiche di un fuoriclasse di questo sport. “Ero molto giovane”, racconta Ranieri, “venni con grande entusiasmo ma anche molte incognite, la nostra fu una cavalcata splendida dalla Serie C alla Serie A: Cagliari per me è casa, una famiglia, ogni volta che vengo sono accolto splendidamente, se sento l’accento sardo vengo colpito ovunque io sia. Cagliari è la mia grande vittoria, la metto davanti a tutte le altre che ho conseguito”. In Serie A, con Francescoli, fu partenza a rilento poi entusiasmante. “Avevo un infortunio”, racconta El Principe, “all’inizio dovetti conviverci e poi c’era bisogno di ambientamento. In questo Ranieri fu fondamentale, bravissimo a gestirci al meglio, ci siamo divertiti sul campo e in una terra splendida che mi ha dato enorme affetto. Mi sarebbe piaciuto giocare la Coppa UEFA, sarebbe stata una soddisfazione in più, ma il mio ricordo in rossoblù è comunque dolcissimo”. L’analisi di Ranieri: “Arrivammo in A e il gruppo, me compreso, era fatto di tanti esordienti, più Matteoli e gli uruguayani. La svolta a Torino, rimontando la Juventus, sapevamo giocare in vari modi e decisi di passare alla marcatura a zona. Da lì cambiammo passo”.

GIANFRANCO MATTEOLI E LUIS AIRTON OLIVEIRA
Due simboli dell’identità sarda: Gianfranco Matteoli da Ovodda e Luis Airton Oliveira da São Luís (Brasile), ma naturalizzato belga. Un “figlio di Sardegna” e uno che sardo lo è diventato praticamente subito. “Quella partita di Malines, in Coppa UEFA, fu qualcosa di magico”, racconta Lulù. “Segnai per la prima volta in carriera a un grandissimo come Preud’Homme, una marea di sardi che ci spingeva alla vittoria. Gianfranco per me è stato determinante, fu lui a prendermi da parte e spiegarmi come dovevo cambiare il mio gioco per rendere efficaci le mie qualità tecniche e atletiche”. Matteoli tornò nell’isola nel 1990 per coronare al meglio una carriera di primo piano nel calcio italiano. “Intanto dico che Oliveira era un ragazzo molto intelligente, oltre che fortissimo, e questo gli ha permesso di fare certe cose. A Malines ci esaltammo, fu una grande emozione, il dottor Scorcu mi rimise in sesto da un infortunio e riuscii anche a segnare. Per me furono quattro stagioni bellissime, ottimi gruppi, volevo fortemente lasciare il segno con la squadra della mia terra”.

ROBERTO MUZZI E MATTEO VILLA
“Bum Bum gol” e il capitano. Roberto Muzzi, dal 1994 al 1999, ha fatto la storia del Cagliari a suon di gol e animus pugnandi. Matteo Villa, in dieci anni (dal ’91 al 2001), ha attraversato tre epoche legandosi indissolubilmente al rossoblù. “Uno dei miei rimpianti è non essermi trasferito definitivamente in Sardegna”, racconta Villa, “sicuramente quella della Coppa UEFA era la squadra più forte in cui ho giocato, ma anche successivamente con Tabarez in panchina e poi con Ventura abbiamo fatto ottime cose. Cagliari è una piazza ideale, fatta di passione e rispetto, sono gli anni più belli della mia vita”. Muzzi è tornato qualche mese fa in occasione di Cagliari-Genoa: “Bellissimo l’abbraccio di tutto lo stadio, non me l’aspettavo. Auguro alla gente di Cagliari di gioire ancora tanto per questi colori, lì ho trovato un ambiente ideale per esprimermi, costruendo una parte importante della mia carriera. Gli apprezzamenti di Riva? Un onore indescrivibile, ho indossato la maglia numero 11, l’ho conosciuto, lo porterò sempre nel cuore”.

GIANFRANCO ZOLA E DIEGO LOPEZ
Compagni di squadra (dal 2003 al 2005), capitani, Gianfranco Zola e Diego Lopez sono due tra i campioni più rappresentativi degli anni Duemila rossoblù. “Il mio obiettivo era tornare in Sardegna e farlo da protagonista”, racconta Magic Box. “Sono felice di aver fatto due anni ad alti livelli, c’era grande leggerezza, una squadra piena di talento che stava costruendo un avvenire molto positivo. Penso a Diego e Daniele Conti, ma anche al trio Suazo, Esposito e Langella con i quali ho avuto modo di giocare ad altissime velocità”. Capitano di lungo corso, El Jefe si è imposto nonostante l’inizio complicato: “Nella prima stagione giocai poco, pensai all’addio immediato, invece fui convinto a pazientare da un compagno come O’Neill e poi dall’arrivo di Tabarez. Non sono più andato via, ho trovato a Cagliari il mio habitat ideale e dei fratelli come Conti, Cossu, Pisano e tutti gli altri con cui ho condiviso mille battaglie. Cagliari è la mia casa”.
MAX ALLEGRI E RADJA NAINGGOLAN
Un allenatore pluridecorato come Massimiliano Allegri e un cuore rossoblù come Radja Nainggolan. Ideali trait d’union tra recente passato e attualità. Il tecnico è l’artefice di un Cagliari tra i più brillanti degli ultimi tempi: “Per me rappresenta una tappa fondamentale, mi venne data fiducia nonostante un inizio con cinque sconfitte, poi piano piano abbiamo costruito una squadra che aveva talento e voglia di dire la sua attraverso il gioco. Non dimentico gli anni da calciatore, accanto a grandi campioni. Radja? Un talento, lo volli nel gennaio 2010 dal Piacenza e in quella seconda parte di stagione giocò le prime partite in Serie A e in rossoblù. Si vedeva che avrebbe fatto strada”. Il Ninja guida il Cagliari di oggi: “Stiamo vivendo una stagione speciale sotto molti aspetti, perché festeggiamo anniversari importanti per la Società e perché c’è stata questa brusca interruzione. Abbiamo grande voglia di ripartire, di tornare a disputare partite ufficiali, stiamo lavorando duramente per farci trovare pronti. Vogliamo regalare alla nostra gente altre soddisfazioni, sono tornato per questo”.

Notizie correlate

Categorie